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La Consigliera alle Pari Opportunità della Provincia di Campobasso Giuditta Lembo a tutto campo su donne e disabili.

Dottoressa Giuditta Lembo
Consigliera alle Pari Opportunità della Provincia di Campobasso

Oggi, vi propongo, l’intervista fatta alla Consigliera di Parità Giuditta Lembo, Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise, sul ruolo della donna nella società e all’interno della famiglia e sulle politiche attuate nei confronti dei disabili.
Con grande cortesia e disponibilità, la Consigliera Lembo, da me contattata telefonicamente, ha risposto alle domande che riporto di seguito.
• Consigliera Lembo, come si è emancipata nel corso degli anni la donna nella società?
La parità tra uomo e donna, costituisce come sappiamo bene, un diritto fondamentale riconosciuto sia dalla Costituzione italiana che dall’Unione Europea.
Essa è anche una condizione necessaria per gli obiettivi di crescita occupazionale e di sviluppo economico delle donne.
L’Italia è partita in ritardo rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea, soprattutto nello sviluppo di politiche di pari opportunità, però dobbiamo dire che negli ultimi decenni ha compiuto notevoli passi in avanti verso l’uguaglianza tra uomini e donne, istituendo, una serie di organismi quali appunto le Consigliere di Parità, ruolo che io rivesto dal 2004, con compiti e funzioni istituzionali rivolti a perseguire l’uguaglianza di genere tra uomo e donna soprattutto in ambito lavorativo, grazie anche alla spinta della Commissione Europea, che ha inserito la tematica della parità in tutte le politiche comunitarie, con l’adozione di numerose raccomandazioni, direttive, relazioni e con un’agenda europea che prevede misure specifiche riguardanti l’affermazione dell’emancipazione femminile.
In Italia, infatti solo a partire dal 2006 si è giunti a sviluppare un codice cosiddetto “Codice delle Pari Opportunità”, che ha sistematizzato tutte le leggi concernenti le pari opportunità tra uomini e donne e tutte le disposizioni vingenti relative alla prevenzione e la rimozione di ogni forma di discriminazione basata sul sesso.
La storia della legislazione femminile, può essere divisa in tre grandi periodi, in cui prevalgono ora il principio della tutela, ora quello della parità e per ultimo, ma non perchè meno importante, il principio delle pari opportunità, che è strettamente collegato alla realizzazione di pari condizioni di partenza tra uomini e donne.
Sebbene già nel 1934, si fossero sviluppate una serie di normative che hanno fatto si che le donne cominciassero a conquistare degli spazi che prima non riuscivano ad avere nella società , la donna comunque non godeva appieno di parità di diritti con l’uomo.
Pertanto è stato importante che l’Italia entrasse a far parte della Commissione Europea perché ciò ha obbligato l’Italia ad allinearsi all’Europa a livello anche di normative.
Sappiamo, che la Costituzione della Repubblica Italiana, nei suoi principi fondamentali, con gli articoli 2, 3, 37, 51 e 117, tutela la parità uomo-donna, poi il Codice delle pari opportunità, ha ulteriormente declinato tale principio prevedendo una serie di disposizioni che vanno nella direzione dell’affermazione del principio di pari opportunità tra i sessi.
Altro intervento normativo importante è stata la cd. legge ” Golfo-Mosca”, che ha stabilito una quota obbligatoria di presenza femminile nell’ambito dei Consigli d’amministrazione.
Successivamente, nel 2014, la legge “Del Rio”, ha previsto che all’interno degli esecutivi comunali. nei paesi con popolazione superiore ai 3000 abitanti, uno dei due generi non potesse essere rappresentato in misura inferiore del 40%.
In seguito nel 2016 una nuova legge ha previsto l’equilibrio della rappresentanza tra uomini e donne anche nei consigli regionali.
Infatti alle prossime elezioni regionali, saremo chiamati a votare con il sistema della doppia preferenza uomo-donna e addirittura nelle liste che verranno composte dalle segreterie dei partiti uno dei due generi non potrà essere presente in una misura superiore al 60%, il che significa che l’altro genere deve obbligatoriamente essere presente con una quota pari al 40%.
• Si dice, che nella coppia la donna ha raggiunto pari diritti con l’uomo: è davvero così?
A questo riguardo, posso dire che, dobbiamo partire un pò da quello che è stato l’ input che abbiamo ricevuto dalla Commissione Europea, che già a partire dal 2007 ha dichiarato l’anno europeo delle pari opportunità per tutti, sancendo l’importanza del raggiungimento della parità uomo-donna attraverso l’enunciazione di principi fondamentali quali la parità di trattamento tra uomini e donne soprattutto nel mondo del lavoro, pari possibilità di accesso nel mondo del lavoro, oltre che in ambito retributivo.
Nel 2011, è stato sancito, il primo Patto europeo per la parità di genere che va nell’ arco di tempo dal 2011 al 2020.
Nel 2013, poi, la stessa Commissione Europea, ha emanato il regolamento n° 1303, in cui all’articolo 7, leggiamo che la promozione della parità tra uomini e donne e la non discriminazione sono obiettivi fondamentali da perseguire attraverso l’integrazione della prospettiva di genere in tutte le fasi della preparazione ed esecuzione dei programmi di tutti gli Stati Membri e delle Regioni.
Nel 2015, è stata emanata anche una importante Risoluzione del Parlamento Europeo, che riguardava l’applicazione della direttiva 2006 n° 54, relativamente all’attuazione del principio di pari opportunità e della parità di trattamento tra uomo e donna in materia di occupazione e d’impiego.
Questo, voleva dire, che sia gli uomini che le donne, devono avere le stesse opportunità per vedersi inseriti nel mondo del lavoro e alle stesse condizioni.
Nel 2016, la Commissione Europea, ha emanato un piano di azione sulla parità di genere, successivo a quello che andava dal 2011 al 2020, un piano di azione che parte dal 2016 al 2020 che ribadisce tutti i principi di parità che erano già stati stabiliti precedentemente.
A questo, si è aggiunto, un impegno strategico per l’uguaglianza di genere 2016-2019, con il quale la Commissione va a monitorare e a prorogare la strategia sull’uguaglianza tra uomini e donne del 2010-2015.
Il 2016, è stato un anno, che ha visto proliferare il discorso della parità e delle pari opportunità anche nella direzione della conciliazione dei tempi di vita-lavoro attraverso l’emanazione di una Risoluzione del Parlamento Europeo, relativa proprio alla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale, in particolare l’articolo 18.
Cosa vuol dire questo?
Vuol dire, che la Commissione Europea ha cominciato a constatare, che la donna incontra molte difficoltà sia nel trovare lavoro e sia a rimanere nel mercato del lavoro perchè su di lei gravano una serie di oneri quali la crescita dei figli e la cura e l’assistenza degli anziani e di disabili.
In questo senso, la Commissione ha valutato la necessità, di dover andare incontro alle esigenze della donna e iniziare a parlare di condivisione dei ruoli all’interno della famiglia, attraverso una suddivisione delle responsabilità tra donna e uomo.
Quindi, ad esempio riconoscendo ad entrambi madre-padre il diritto di assentarsi dal luogo di lavoro relativamente al discorso della maternità attraverso i cd congedi non solo per maternità ma anche per paternità, cd congedi parentali.

  • In questa società in cui viviamo oggi, talvolta distratta dal ritmo della vita frenetica, quali sono gli interventi da mettere in atto nei confronti dei disabili?

Questo, è un tema che mi sta a cuore, anche se la figura che io ricopro, quella di Consigliera di Parità, è strettamente legata alle discriminazioni suoi luoghi di lavoro.
Ma mi permetto, di fare una considerazione generale, in quanto cittadina italiana oltre che Istituzione.
Ritengo che l’attenzione verso il tema della disabilità, è un fenomeno che da parte gli Stati moderni essendo stato affrontato solo molto di recente, soprattutto nelle società occidentali.
Basta vedere, i primi atti normativi che sono stati dedicati alla tutela della disabilità, che risalgono soltato a dopo la prima guerra mondiale!
Mi sento di dire, che probabilmente, quello che è stato fatto in favore della disabilità non risulta ancora sufficiente.
Tra l’ altro, basta vedere quello che è accaduto nel corso degli anni,semplicemente sulla definizione della disabilità, dove anche li abbiamo visto che c’è stata una difficoltà ad individuare il nome più consono a questo tipo di situazioni.
Si è parlato di diversamente abili, prima ancora di parlava di handicappati, un termine per me aberrante!
Per poi parlare di soggetti con disabiltà, di persone diversamente abili.
Già, questo ci fa capire , come s’incontrano già le prime difficoltà nell’andare a definire questi soggetti, cosa che io sinceramente credo porti ad una loro emarginazione queste persone, e a classificarle in un gruppo di persone,che invece vanno considerate a tutti gli effetti inclusi nella società quali persone che devono sentirsi perfettamente integrate.
I documenti internazionali, dimostrano come si è cercato da sempre di cominciare con una serie di dichiarazioni dei diritti delle persone disabili.
Pensiamo un pò, alla prima Assemblea delle Nazioni Unite, dove fu proclamata la prima dichiarazione dei diritti delle persone disabili.
Le stesse Nazioni Unite, proclamarono il 1981, come anno delle persone con disabilità e da li si ci sarebbe aspettato un prosieguo di normative che avrebbero evitato che questi soggetti ancora oggi si sentissero discriminati piuttosto che perfettamente inclusi nella società.
Il “discorso disabilità”, oltretutto mi sta a cuore perchè è connesso ad un discorso di pari opportunità.
Quando, si parla di pari opportunità per tutti, il legislatore con questa definizione ha voluto farci intendere che nella convinzione degli organismi comunitari, c’è l’intenzione di raggiungere a pieno le “pari opportunità” veramente per tutti i soggetti, o categorie di soggetti ancora oggi considerati svantaggiati, come le donne, i minori e i cd soggetti con disabilità che ancora non riescono ad esercitare a pieno quelli sono i propri diritti insieme ai propri doveri.
Essi, non hanno ancora la possibilità di sentirsi liberi nell’esercizio dei propri diritti.
Quindi, lo Stato in questo senso, ha l’obbligo di eliminare questi ostacoli attraverso, credo io, anche un coinvolgimento diretto di questi soggetti.
La parità di opportunità, per le persone con disabilità, è una componente essenziale dello sforzo concertato sia a livello nazionale che regionale.
Sicuramente, dobbiamo prendere atto che la Commissione Europea, nell’andare ad enunciare i principi orizzontali, nell’ambito della programmazione regionale 2014-2020, ha obbligato gli Stati Membri di fare in modo che le risorse che loro trasferiscono alle Regioni, a quota parte deve essere destinata anche alle persone affette da disabilità.
Il principio dell’uguaglianza di diritti, implica, che i bisogni di ogni persona abbiano uguale importanza.
Quindi, in funzione di questi bisogni, risorse sufficienti devono essere impiegate in modo da garantire a ciascuno la possibilità di partecipare e contribuire allo sviluppo del contesto in cui vivono, pertanto, anche alle persone con disabilità, con la garanzia di poter ricevere tutta l’accompagnamento di cui hanno bisogno nel quadro di strutture, sanità, lavoro e servizi sociali adeguati.
Essi, però, via via che acquisiscono diritti, devono anche assumere degli obblighi come tutte le persone perché ciò determina in loro la consapevolezza di essere e sentirsi perfettamente inclusi.
Con la realizzazione concreta della parità di diritti, le società posso aumentare le aspettive verso le persone con disabilità come parte di quel processo mirato a raggiungere l’eguaglianza di opportunità.
Pertanto, le politiche sociali, non devono essere solo di natura assistenziale, perchè, secondo me, il soggetto diversamente abile deve essere in grado di contribuire,secondo le sue potenzialità, a rendere migliore la società stessa.
• Sentiamo parlare di inserimento dei disabili nel mondo del lavoro… Qual’è il suo pensiero?
Ci sono molte potenzialità in questa regione affinchè le pari opportunità possano diventare un traguardo possibile e io auspico che, con l’impegno di tutti, ognuno in base alle proprie possibilità e alla propria esperienza e professionalità, le stesse possa essere viste non più come un problema, ma una opportunità per tutti affinchè, barriere(spesso culturali) come questa della disabilità vengano abbattute definitivamente.

 

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